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13/04

SENTINA, CONERO E SAN BARTOLO: TRE CULLE DI UNA STORIA UNICA

Una Pasqua (e soprattutto una Pasquetta) all’aria aperta. Non potendo darvi garanzie sulle condizioni meteo previste per le due giornate di festa, ho però riflettuto su 3 aree naturali della nostra regione che meritano almeno uno sguardo.

La più conosciuta, ovviamente, è quella del Conero, con il suo profilo distinguibile a distanza di chilometri. Accanto ho messo l’estremità settentrionale, con il Parco del San Bartolo, e quella meridionale, con la Riserva della Sentina: due contenitori di suggestioni ed autentiche meraviglie.

Ma partiamo da sud, con piccole ma indispensabili istruzioni per l’uso: più che le (mie) parole, potranno le immagini. Comprese quelle regalatemi da un amico, Adis Bacinovic, capace di fermare magicamente ogni sfumatura di questo pezzo importante d’Italia.

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La Riserva della Sentina, dicevamo. Uno spettacolare incrocio di silenzi, voci di uccelli, tronchi adagiati sulla sabbia, punti di avvistamento e resti di insediamenti di un secolo che, a ridosso del fiume Tronto, ha visto trasformarsi questo tratto di costa. Ma qui, dove appezzamenti coltivati, dune e ambienti umidi segnano il confine con l’Abruzzo, è di una semplicità disarmante ritrovare l’unicità del rumore dei propri passi, il significato di un colore come di una traiettoria. Ed è proprio qui, punto di riposo di volatili migranti, culla delle biodiversità, con un torrione cinquecentesco a spingere ancora più indietro nel tempo, che i polmoni si riempiono di stupore.

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Sensazione, questa, che marca indelebilmente anche la salita verso il Passo del Lupo, su quel Monte Conero che sembra abbracciare quanto di meglio questa regione ha da offrire: i riflessi del mare, con pareti verticali sulle quali l’uomo ha saputo disegnare sentieri; i filari del Rosso Conero, fluttuanti e capaci di narrare la fatica ancestrale dei nostri agricoltori; le sue grotte pregne di mistero; Portonovo e i Sassi Neri; e poi Numana e Sirolo salendo da sud, fino alla maestosità di Ancona una volta attraversati gli oltre 6.000 ettari di parco. Ma è da sopra, da una prospettiva unica, che tutto si modella. Togliendo, questa volta sì, il respiro. Con fatica si sceglie la giusta direzione per gli occhi. Perché persino alle spalle, tra quegli alberi che sanno guidarti fino al punto perfetto, si riesce a scovare un dettaglio carico di stimoli.

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Considerato il “fratello minore” del Conero, il Parco naturale del Monte San Bartolo, perla incastonata tra Pesaro e Gabicce, si presenta con contorni simili, con una vegetazione che si fa scrigno di una narrazione variegata, tra luoghi come Casteldimezzo e Fiorenzuola di Focara, passando per la magnifica Villaimperiale. L’amalgama tra le acque dell’Adriatico e i promontori rasenta, anche qui la perfezione. E accanto a passeggiate ed escursioni di variegata fattura, con gli immancabili vigneti, il San Bartolo regala anche un viaggio a ritroso tra il III e il IV secolo dopo Cristo, in quell’area archeologica di Colombarone che segna la presenza dei romani.

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ANDREA BRACONI

24/03

DI VULCANELLI, DI PROFILI E DI LUCE

Ex insegnante, Stefano si diverte a spalancare agli occhi dei visitatori ogni angolo del territorio di Monteleone di Fermo, in modo particolare le aree dove insistono questi suggestivi punti di fuoriuscita, sia quelli già noti, sia quelli scoperti di recente.

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“È un fenomeno geologico che mi ha sempre incuriosito”, mi spiega mentre batte sul terreno. “Ultimamente si è discusso molto della loro correlazione con il terremoto, soprattutto dopo quanto avvenuto il 18 gennaio e la successiva fuoriuscita di fango nella zona di Santa Vittoria in Matenano. Sicuramente, le scosse facilitano questa situazione, ma alla stessa stregua dell’azione dell’acqua o della pressione interna delle sacche”.

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Resta la suggestione, chilometro dopo chilometro, dei mutamenti lungo il fiume Ete Vivo, a volte persino dentro lo stesso letto. Macchie, flussi e accumuli che se visti con una scala visiva diversa richiamano canyon e insenature ad altre latitudini. Ma è proprio la dimensione ridotta il valore aggiunto di questo patrimonio scientifico, geologico e naturale, è nella sua piena fruibilità che si amplifica il richiamo ad una passeggiata che di ordinario non ha nulla.

Ma Stefano è anche capace di farti rialzare lo sguardo, di indicarti – sempre con quel suo inseparabile bastone – la raffinata dolcezza di un colle, il perfetto restauro di un casolare abbandonato (e acquistato da qualche facoltoso turista d’oltreoceano), i profili dei borghi limitrofi. E la luce, al limite della perfezione, che si adagia sul centro storico di Monteleone.

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E ti accompagna, con una competenza rara, dentro la Madonna della Misericordia, una chiesa romanica del XV secolo che custodisce opere di scuola crivellesca, come davanti a punti imprescindibili quali la torre civica o la sede comunale. Proprio lì, dove fino al 16 aprile, resteranno in mostra le opere di artisti e fotografi marchigiani, capitanati dalla pittrice maceratese Letizia Ciccarelli. Un’esposizione, “Incrollabili”, che da il senso di quella resistenza umana e storica che negli ultimi mesi contraddistingue sempre di più questa regione.

È l’ora del tramonto e Monteleone di Fermo regala una magia che ipnotizza sguardo e voce. Una magia che vi invito a respirare, magari in occasione delle Giornate del FAI di Primavera che, sabato 25 e domenica 26 marzo, toccheranno proprio questo prezioso scrigno. E per qualsiasi aiuto, mettevi alla ricerca di un bastone sporco di fango.

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ANDREA BRACONI

17/03

I passi ( e i salti) insieme

“Papà, ma tu esattamente che mestiere fai?”. È proprio quell’avverbio che ti mette in difficoltà, perché sai che devi dare una risposta inequivocabile. E perché la scrittura non è mai collocabile in un ambito determinato. È liquida, si mescola a percezioni. La scrittura fluttua tra dimensioni differenti, ognuna delle quali è sempre pronta ad intersecarsi con l’altra.

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Una di queste è proprio l’essere genitore. Un “mestiere” anch’esso. Il più armonico.

E quando fai incontrare il padre e il giornalista, a poche ore dal 19 marzo, non possono che ricongiungersi tutte le storie vissute attraversando la tua terra, insieme.

Storie di uova. Storie di palloni ricorsi. Storie di calici accarezzati e di balle di fieno. Persino la stupefacente scoperta dell’abbandono di uno spazio.

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E ricordi l’istante in cui lo scatto è stato superato dalla meraviglia, dal riuscire a cogliere una parola nuova, da un’interrogativo improvviso e spiazzante.

Ricordi il sapore della sabbia del tuo mare, “che poi papà appartiene a tutti”.

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Non puoi e non vuoi dimenticare il pianto sotto un affresco, non per l’indifferenza di fronte ad un piccolo capolavoro ma perché la fame ha la precedenza.

In questo pentolone di memorie fumanti ci sono i passi verso la grotta della Sibilla, i colori serpeggianti sotto la pioggia, il silenzio preso per mano dalle gradinate di un teatro romano, quel nascondersi tra onde di un verde lucente, le tavole di un palcoscenico consumato, l’aquilone spinto verso Oriente.

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E infine il riposo, che ti fa esplodere il cuore.

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Allora auguri, cari papà. E festeggiate sempre il privilegio di vivere questo “mestiere”. Senza bisogno di sfogliare un calendario.

14/03

BISOGNA RIPOSARSI OGNI TANTO, IN QUESTA VITA

Mi chiedono di raccontare le Marche e, possibilmente, di dare voce a quegli eroi della quotidianità che hanno fatto e stanno facendo grande questa terra.

E io mi sforzo di incrociarli, questi eroi. Ad ogni passo, anche il più piccolo. Sono tante le storie che ho raccolto in questi anni e che avrò modo di far respirare qui. E tante quelle che mi sono state accennate, lungo strade ancora sconosciute.

Poi, però, ci sono quelle giornate in cui ti metti alla ricerca soltanto di te stesso. E per riposarti – sì, per riposarti! – ti catapulti fuori dal letto di mattina presto, scegliendo l’ovest come direzione. Lì, dove tra le montagne dell’Appennino si nascondono gemme inestimabili.

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Riposarsi, infatti, per chi vi scrive significa soprattutto osservare, frugare tra i colori, rimanere in silenzio al centro di un sentiero. Così, nei primi giorni di marzo, attraverso Fiegni, una frazione di Fiastra, nel Maceratese. Poco sopra il lago artificiale alimentato dal fiume Fiastrone, dal belvedere della Ruffella indosso i miei scarponi e inizio a scendere verso uno dei punti più incantevoli dei Sibillini.

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Lo strepitio dei sassi che si mescola al vento di fine inverno. Il profilo della diga sul lato destro, accarezzato dall’ondulazione dell’acqua. Gli alberi che si fanno tetto. La pendenza che piega le gambe, ma non il desiderio. Una Fiat Panda al margine. Il bianco e il rosso che ti spingono, incrocio dopo incrocio.

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A mezz’ora dalla meta, però, quel saluto rimette tutto in discussione. E prende forma quell’eroe a cui non avrei mai pensato di stringere la mano.

“Sto tagliando la legna per casa, per il mio focolare, anche se quest’anno ci ha mandato via il terremoto”. Mario, che di anni ne ha “parecchi, più di 70”, abitava proprio a Fiegni prima che le scosse di ottobre gli lesionassero la casa, mentre lui era fuori in giardino, con le piante che si toccavano e le colonne dei cancelli che sembravano spostarsi. “Ballavi sotto e te sgrullava sopra, una cosa incredibile! Adesso sto a Polverina, mia figlia è sposata laggiù e io vengo qui perché l’aria di montagna fa sempre bene”. Ha tantissima terra, Mario, e altrettanti ettari di bosco. Sale per tagliare minuziosamente il legname, ma sempre con una certezza: “a mezzogiorno vado a casa, mi cambio e faccio un bel pranzo”.

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Ed è sempre lui che dopo essersi tolto il guanto da lavoro, avermi stretto la mano e asciugato quella lacrima tra le sue profonde rughe, mentre provo a riprendere il ritmo tra pietre e arbusti mi grida: “bisogna riposarsi ogni tanto, nella vita”. Già, il riposo, quella sensazione alla quale entrambi diamo, senza conoscerci, lo stesso significato. E che ti spinge ad arrivare, nel mezzo della settimana, lasciando i tuoi appunti alle spalle, davanti alla fragile maestosità delle Lame Rosse. E lì cambiano i suoni, con la mole di ghiaia che detta ritmo e tempo. Il fenomeno erosivo (e anche il sisma) trasforma stagione dopo stagione questa porzione dai colori penetranti, senza però mutarne il fascino e quel magnetismo unico. Rimango diversi minuti ad coglierne i riflessi, così come l’immobilismo della neve nascosta all’interno. Mentre si percepisce quel rotolare, continuo ed armonico, quasi come un canto.

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Al ritorno Mario non c’è più. E non c’è neanche la sua Panda bianca, con la quale si muove tra questi boschi per trasportare il legname. Ci sono però le cataste di rami e tronchi, tagliati perfettamente e lasciati lì per essere caricati domani. Partendo ancora da Polverina. È come se quel cumulo volesse mostrare che c’è qualcuno che, ogni volta, è costretto a piegarsi, per poi rialzarsi. Piegarsi, per poi rialzarsi. Riuscendo a trovare in questi movimenti il proprio riposo.

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ANDREA BRACONI

22/02

QUELLE VOCI (E QUELLE MEMORIE) CHE NON SMETTONO DI INCROCIARSI

Ho un ricordo nitido di quella telefonata. Vibrava la voce di Luca Tombesi (un food blogger di quelli veraci, che i territori li calpestano veramente), in una mescolanza di entusiasmo e di timore. Eravamo all’inizio di ottobre e da lì a qualche giorno sarebbe nato un qualcosa di unico, un progetto che settimana dopo settimana si è fatto vita.

Perchè #RIPARTIDAISIBILLINI non era soltanto il grido di aiuto di amiche ed amici impegnati nella ristorazione, nell’ospitalità e nella produzione di eccellenze enogastronomiche proprio in quelle zone duramente colpite dai terremoti del 24 agosto. Era il desiderio di stringersi, di aiutarsi reciprocamente a scavalcare un’onda cruenta.

Ed è bastato chiedere per diventare un gruppo. Da un lato la community degli Instagramers Marche, che già da tre anni aveva sviluppato in quei territori iniziative di promozione turistica e di confronto sui nuovi strumenti di comunicazione.

Dall’altro l’Associazione Italiana Travel Blogger (nota con l’acronimo AITB) che si è subito attivata tra i vari soci per verificare chi, dal 12 al 16 ottobre, avrebbe potuto partecipare ad un media tour che aveva, nelle nostre intenzioni, un’inizio e una fine.

L’inizio. Amandola, l’Osteria del Lago di San Ruffino, la caccia ai tartufi, la country house La Querceta di Marnacchia, Smerillo, il bio agriturismo La Conca, gli oli essenziali dell’Agriturismo Amargi, l’Abbazia di San Ruffino, Monte San Martino, la Pala del Crivelli, il Rifugio Città di Amandola, Montefortino, l’Agriturismo Santa Lucia dei Sibillini, Montemonaco, la raccolta di castagne, il Bar Zocchi, il Museo della Sibilla, Il Tiglio e Le Castellare a Isola San Biagio, le mountain bike, l’Infernaccio visto da lontano, la piana di Castelluccio, l’Agriturismo Guerrin Meschino, Visso, la Macelleria Calabrò, il b&b Il Borgo, Ussita, il Ristorante Montebove, il b&b La Casa dell’Ortigiana. Poi la domenica, con la visita al Santuario di Macereto, i formaggi dell’Azienda Scolastici e la salita verso il Rifugio del Fargno per un pranzo a base di pasta alla Pilato. Tante, tantissime voci, che ero, anzi, eravamo, pronti a raccontare attraverso centinaia di scatti e registrazioni audio.

La fine. Poi il 26 e il 30 ottobre, con le nuove terribili scosse che hanno fatto cadere i nostri piani ma soprattutto le esistenze di tutte quelle persone conosciute. Siamo rimasti disorientati, anche per una paura che non riuscivamo proprio a chiudere definitivamente nel cassetto. Ma quelle giornate, quel girovagare ascoltando e quel desiderio di tendere (realmente) una mano sono rimasti dentro. Ecco perché una fine, a questa storia, non c’è. Perché siamo tornati ogni settimana a riascoltare quelle voci, che hanno sì qualcosa di diverso da rivelare ma che, nonostante tutto, continuano a trasudare l’essenza di questa parte di Marche. Torniamo per tenere accesa una memoria che di fronte ad una simile devastazione rischia di essere trascinata via. Torniamo e documentiamo. Torniamo e ci abbracciamo. E sono gesti che si stanno ripetendo ovunque. Ci siamo rivisti a Fermo, ad inizio febbraio, per l’inaugurazione della mostra #RIPARTIDAISIBILLINI e la vendita proprio di quelle istantanee. C’erano il sindaco e il vice sindaco della città. C’era una parte importante di quella stessa città, che silenziosamente ha scrutato i dettagli e ha scelto cosa acquistare. E c’erano loro, che ci avevano accolto con le lacrime agli occhi. Oggi abbiamo 700 euro che destineremo ad un progetto di recupero nell’area dei Sibillini, già individuato. Saremo a Tipicità, dal 4 al 6 marzo, per dare ancora più respiro all’elenco di tappe impresso poco fa. Ripeteremo parzialmente il tour domenica 26 marzo in occasione del Worldwide Instameet (#WWIM15), lanciato ogni anno da Instagram, con passaggi nell’Ascolano, nel Fermano e nel Maceratese. Esporremo quelle foto anche fuori dalle Marche, creando altri momenti di confronto. E cercheremo – anzi, lo stiamo già facendo – di dare forma nel mese di giugno ad un grande evento lì, dove insieme abbiamo mosso i primi passi. Noi ci saremo comunque. Perché non abbiamo mai smesso di farlo. Ci basta una telefonata, una sola telefonata, per imboccare la strada verso le nostre montagne.

Tartufi (Marnacchia - Amandola)

Tartufi (Marnacchia – Amandola)

La Querceta (Marnacchia - Amandola)

La Querceta (Marnacchia – Amandola)

Agriturismo Amargi (Smerillo)

Agriturismo Amargi (Smerillo)

La Conca (Smerillo)

La Conca (Smerillo)

Rifugio Città di Amandola (Amandola)

Rifugio Città di Amandola (Amandola)

Fattoria Angolo di Paradiso (Amandola)

Fattoria Angolo di Paradiso (Amandola)

Salumi Monterotti (Sarnano)

Salumi Monterotti (Sarnano)

Agriturismo Santa Lucia dei Sibillini (Montefortino)

Agriturismo Santa Lucia dei Sibillini (Montefortino)

Castagneto (Montemonaco)

Castagneto (Montemonaco)

 Bar Zocchi (Montemonaco)

Bar Zocchi (Montemonaco)

Le Castellare (Isola San Biagio - Montemonaco)

Le Castellare (Isola San Biagio – Montemonaco)

Bici Club Sibillini (Amandola) (A)

Bici Club Sibillini (Amandola) (A)

Il Tiglio (Isola San Biagio - Montemonaco)

Il Tiglio (Isola San Biagio – Montemonaco)

Il Guerrin Meschino (Castelluccio)

Il Guerrin Meschino (Castelluccio)

 Calabrò Carni (Visso)

Calabrò Carni (Visso)

 B&B La Casa dell'Ortigiana (Ussita)

B&B La Casa dell’Ortigiana (Ussita)

Ristorante Monte Bove (Ussita)

Ristorante Monte Bove (Ussita)

Azienda Agricola Scolastici (Pieve Torina)

Azienda Agricola Scolastici (Pieve Torina)

Rifugio del Fargno (Ussita)

Rifugio del Fargno (Ussita)

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