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Monday, 12 November 2018 19:27

SNEAKERS JESSE, HEROES FROM THE PAST #2: MEAZZA

 

Peppino Meazza, il nostro primo fenomeno

Grandi giocatori esistevano già al mondo, magari più tosti e continui di lui, però non pareva a noi che si potesse andar oltre le sue invenzioni improvvise, gli scatti geniali, i dribbling perentori e tuttavia mai irridenti, le fughe solitarie verso la sua smarrita vittima di sempre, il portiere avversario.
[Gianni Brera]

Che fenomeno che era Peppino.
Quando siamo entrati nello storico Museo di San Siro, le reliquie più scintillanti ci sono da subito sembrate essere le sue scarpette taglie 40.
I ricordi sono scivolati rapidamente indietro di quasi un secolo, al decennio dei ’30, alla nostalgia.
Naturalmente alla dittatura – quella era – e ai primi due Mondiali vinti dall’Italia.

Quindi, naturalmente, a Peppino Meazza. Il più forte di sempre, oh sì.

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Piedini, dicevano, e non piedoni, per un giocatore unico, ovviamente all’avanguardia rispetto ai propri tempi, come tutti i fenomeni.
Classe, qualità, fascino. Sex appeal.
Peppino non seduceva solo le folte schiere di milanesi innamorate del suo taglio da Dongiovanni con tanto di brillantina.
Ma soprattutto avversari, difensori e portieri, tanto da diventare il miglior marcatore di sempre dell’Inter, la sua Inter. La mitica Ambrosiana. Sì anche oggi, nel 2018.

Leggiadro su quei piedi, seminava panico, terrore e boati di stupore con dei dribbling fulminei, con il solo obiettivo di portare la palla fin dentro la porta.
Amava lo show, Giuseppe Meazza, dentro e fuori dal campo.
Un modo per esorcizzare le proprie umili origini, come disse una volta come meglio non si sarebbe potuto l’altrettanto mitico Gianni Brera: “Lucido di brillantina, gli occhi assonnati, il sorriso bullo, l’automobile (che ben pochi avevano), i quattrini facili, i balli, il gioco, le veglie presso le Maisons Tellier di mezzo mondo, il trionfante Peppin vendicava le angustie degli umili antenati e di tutti noi poveracci suoi pari, passando per un genio al quale era consentita ogni stravaganza.”

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Campione del Mondo con la nostra nazionale nel 1934 e nel 1938, avrebbe pianto l’addio all’Inter per approdare al Milan (oh che errore!) e poi alla Juventus, le arcirivali.
Il Purgatorio a Varese e Bergamo – una sorta di Re del Nord-Ovest italico – e poi, finalmente, il ritorno finale all’FC Internazionale, al nerazzurro col quale coprire con onore la propria “bara” calcistica, prima di passare dall’altra parte della barricata come allenatore e poi, addirittura, come giornalista.

Andatosene per un male incurabile il 21 Agosto del 1979, fu sempre il migliore anche se sempre il più piccolo fin da quando giocava “sui campi spelacchiati di Porta Vittoria, il suo quartiere” a piedi nudi tra sabbia, cemento e polvere, in attesa che le sue scarpette – omaggiate qui dalle nostre sneakers – venissero issate a simbolo del suo calcio funambolico e creativo.

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Solo una cosa è sempre stata indigesta al nome che oggi adorna La Scala del calcio, San Siro: il soprannome universale di “Balilla” in piena era fascista, senza che avesse alcun legame ne appartenenza con quelle ideologie che stavano trascinando di forza la sua Italia in guerra, alla rovina.
Fu un compagno di squadra più vecchio, Leopoldo Conti, ad appiopparglielo al suo esordio a 17 anni con la prima squadra: “ora facciamo giocare anche i balilla!” disse scocciato, venendo smentito 90 minuti dopo, con una tripletta sensazionale con cui Meazza aprì e chiuse velocemente qualsiasi tipo di dibattito futuro.

Ad allenarlo in quella partita Arpad Weisz, l’allenatore ungherese di origini ebraiche che aveva creduto in Peppin e sarebbe poi morto durante l’Olocausto, ad Auschwitz.

Un grazie sentito, ad entrambi.

Saturday, 03 November 2018 18:57

SNEAKERS JESSE, HEROES FROM THE PAST #1: JOE DIMAGGIO

Joe DiMaggio, la prima celeberità del Baseball

Where have you gone, Joe Di Maggio? A nation turns its lonely eyes to you.
What’s that you say, Mrs. Robinson? Joltin’ Joe has left and gone away
[ Mrs.Robinson - Simon & Garfunkel, 1968 ]

Avete mai avuto una strofa dedicata in una delle canzoni più famose di sempre ?
No? Ecco Joe DiMaggio delle tante cose fatte in vita (se n’è andato verso più verdi pascoli l’8 Marzo 1999) questa è forse quella che meno ha compreso, probabilmente inferiore solo al repentino addio dell’amatissima moglie Marilyn Monroe.

Per il resto, la storia di Joe è quella perfetta da raccontare sul sogno americano e le famiglie immigrate negli Usa ad inizio ’900.
Un’epoca dove s’incastrano perfettamente anche le nostre Sneakers Jesse, un omaggio non solo ai piedi fatati del mitico Jesse Owens ma a tutti i pionieri del gesto atletico, memorabile ed elegante ma ancora intriso di gesta eroiche.

Intriso di sudore, polvere, erba e terra battuta – gli unici ingredienti che costituivano i campi di qualsiasi sport – simboleggiate dalle sfumature marroni di pelle e camoscio, tenute insieme da tecniche artigiane nate proprio in quegli anni.

Gli stessi dell’arrivo di Giuseppe DiMaggio e Rosalia Mercurio, genitori di Joe, dal piccolo paesino palermitano di Isola delle Femmine alla famigerata Ellis Island, la prima terra toccata da qualsiasi immigrato dopo aver avvistato New York e la Statua della Libertà.

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Appena il tempo di lasciarsi schedare e farsi dare il benvenuto negli Stati Uniti d’America – sì, altri tempi – ed ecco decollare il primo dei sogni dei DiMaggio: California, lavoro di sempre come pescatore, i primi buoni guadagni, cinque figli e l’inizio di una nuova vita.

Tra tutti Giuseppe Paolo (un tributo a San Paolo di Tarso), per chiunque semplicemente “Joe”, è quello che più odia l’odore del pesce: per allontanarsene al più presto accetta qualsiasi altro lavoro, poi incoraggiato dal fratello maggiore Vince si dà al baseball, partendo dalle posizioni difensive più defilate.

L’illuminazione che aveva colpito San Paolo sulla strada di Damasco è poca cosa in confronto a quello che Joe inizia a provare per lo sport più popolare degli States: andare di fronte al lanciatore, sfidarlo con la propria mazza e portare a casa almeno una battuta buona al giorno diventa il nuovo obiettivo quotidiano di Joe, a maggior ragione se la scuola sta diventando rapidamente un lontano ricordo.

Nonostante siano leghe minori, quelle due braccia dal Dna devoto a generazioni di pescatori non passano inosservate: prima Joe si aggiudica il titolo di Miglior Giocatore (Mvp), poi una delle squadre più prestigiose d’America bussa alla sua porta con un contratto da 50mila dollari.

Sono i New York Yankees della MLB, venuti a “rapire” Joe DiMaggio per portarselo sulla East Coast.

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Come si suol dire, il resto è Storia. Joe DiMaggio e la sua pazzesca precisione con una mazza da baseball in mano diventeranno ben presto una delle leggende più raccontate e affascinanti della storia di tutti gli sport, non solo del baseball, con record che resistono ancora oggi.

Dal 1936, anno del debutto nella Major League Baseball, passerà pochissimo prima che la celebrità lo travolga: prima il matrimonio con un’attrice 20enne, Dorothy Arnold, conosciuta sul set di uno dei tanti film che gli verranno proposti durante e dopo la sua carriera. Poi il divorzio nel ’43, durante il suo servizio militare. A poca distanza, sul campo, una Gloria sportiva raggiunta a tempi record, con il logo incrociato dei NY Yankees più splendente che mai grazie all’italoamericano più forte di sempre nel baseball.

E infine, dopo il ritiro nel 1951, la storia più intesa, dolorosa e commentata dai tifosi americani: quella con Marilyn Monroe, conosciuta e sposata nel 1954 ma andatasene (con Marlon Brando…) dopo solo nove mesi di matrimonio, lasciando un vuoto incolmabile nel cuore di Joe. Si racconta che al funerale dell’attrice nel 1962 fu proprio DiMaggio a darle l’ultimo saluto prima della sepoltura, con un “Ti amo” sussurrato tre volte…

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Come dicono dall’altra parte dell’oceano, un personaggio “larger than life”, più grande della vita stessa.
Marito di due attrici famose, amante di tante altre, detentore di record storici, proclamato da più parti uno degli sportivi più grandi di sempre.

Uno che era entrato nel cuore della gente, forse per le umili origini o forse per come batteva forte la palla con la sua mazza, lanciandola in orbita.
Come quando esordì a New York con la maglia degli Yankees e 20mila tifosi sventolarono il tricolore, inneggiando al suo nome.

Solo Giuseppe Paolo DiMaggio, per tutti Joe.
Joltin Joe se n’è andato, e di eroi come lui, cara Mrs.Robinson, non ne rimangono più.

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