THE FABI ESSENCES DIARIES – #73
“Un tempo, quando uno aveva un segreto da nascondere, andava in un bosco. Faceva un buco in un tronco e sussurrava lì il suo segreto. Poi richiudeva il buco con del fango, così il segreto sarebbe rimasto sigillato per l’eternità”
21 Giugno 2017, un Mercoledì sera
Suite #73 – Hotel ME Milan Il Duca, piazza della Repubblica 13
Uhmmm…Profumo di Gelsomino?
Lo avverto nitidamente, ma non ne capisco l’origine.
Chiudo gli occhi, gli altri sensi diventano più acuti.
Ma è un errore, perchè mi viene subito in mente Lei.
“I ricordi sono sempre bagnati di lacrime” diceva il mio amico Tony. Aveva ragione.
Li riapro. Sono ancora vivo, in piedi.
Esco e seguo la scia del profumo, sembra essersi fuso con quello di una rosa. Ma sta svanendo.
Per strada, sui marciapiedi, lo perdo completamente e la sensazione di smarrimento mi risveglia.
Con Milano ho un rapporto particolare, d’amore e repulsione, ma oggi gli astri mi sono favorevoli.
Complice il tramonto, suppongo.
Alzo gli occhi verso la skyline di Porta Nuova: ai miei compari del Manifesto futurista sarebbe piaciuta molto questa città nel 2017.
Siamo pur sempre gli stessi che hanno affermato orgogliosi “Un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia!”
Amo alla follia questa zona, le vibrazioni che trasmette.
D’inverno il Blue Note poco distante è il classico luogo senza tempo dove m’immergo scomparendo dal Presente, rigenerandomi nelle improvvisazioni dei quartetti jazz.
D’estate Via Borsieri e le altre stradine s’infiammano, come una Siviglia settembrina, tra locali con musica dal vivo che ti stravolge il ritmo dei passi e giovani di mezz’Europa uniti dall’affetto per la vita, il dialogo, la condivisione di pensieri e passioni.
Era da queste parti che l’avevo conosciuta, non troppo distante dal Deus Café.
Le mie gambe mi hanno ricondotto esattamente allo stesso angolo di strada.
Avevo imparato ad apprezzare il valore delle cose effimere come mi aveva insegnato il mio mentore Wong Kar Wai, e poi le avevo dimenticate solo per poterLe piacere.
Mi giro, vagabondo a vuoto. Quell’aroma agrumato, arance, limoni, felicità, pompelmo…ah, come ritrovarlo?
“Seguimi, ti aiuto io.”
Mi sento stringere la mano destra, ma la luce degli ultimi raggi solari filtrati dalla guglia del grattacielo Unicredit mi scherma la vista.
So che è Lei, ma non la posso riconoscere.
Continuo a seguirLa, fidandomi.
Saliamo, dall’ingresso privato del Radio Rooftop Milan, al decimo piano.
Ancora non capisco, sono disarmato, io il difensore supremo dell’atteggiamento aggressivo, della bellezza della velocità.
Mi fa sedere sulla terrazza, dice che si assenterà. Poi, come la peonia si tende verso il cielo, si alza e si allontana senza dare risposta.
Per un attimo riesco a perdermi nel sublime paesaggio milanese, mentre una figura elegante, dietro al bancone della lounge, parla con Lei.
Lui, il famigerato bartender del Radio Rooftop Milan Marco Dognini, Lei. Ed Io.
Parlottano concentrati, Marco ha annuito e con movimenti decisi ma delicati si è messo all’opera, impeccabile in quel suo stile raffinato ma misurato, libero.
Mi volto verso Porta Nuova, attendo qualcosa che non so. Attorno a me tutti sembrano ignari della mia tempesta interiore, si godono il momento, la vista, la compagnia, il luogo. Una pace che fatico a trovare.
Mi porge un cocktail di Marco, mentre lei solleva il suo. Il “Numero 73″.
Brindiamo, senza dire una parola, senza dire a chi o a cosa.
La guardo negli occhi, è rilassata, sorridente.
Quando si sistema i capelli dietro le spalle, spostando un’invisibile frammento d’aria, il suo profumo torna ad avvolgermi completamente, come la prima volta.
Ancora quella rosa, il ribes, la sensazione agrodolce.
In lontananza scorgo Marco, incrocio il suo sguardo.
Sorseggio il bicchiere, i sapori del suo capolavoro liquido ripercorrono la strada delle mie emozioni, fondendosi con il Suo profumo.
Poso il cocktail.
Finché non si rinuncia si può sempre sperare.
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